La cerca del tartufo, se intesa in modo sportivo, è un’attività estrememente piacevole che può riservare grandi soddisfazioni e questo indipendentemente dalla quantità di tartufo che si riesce a trovare. Il vero tartufaio apprezza la solitudine, il silenzio, il contatto con la natura, con l’unica compagnia del suo ausiliario a quattro zampe. Uomo e cane quando vanno in “pastura” (si definisce così una zona in cui si trova il tartufo) si fondono completamente con l’ambiente fino ad esserne parte e a divenire quasi invisibili.

Voglio prendere in prestito una definizione usata dal dr. G. Morsiani nel suo libro sul Lagotto, lui non è un tartufaio ma evidentemente ha colto lo spirito di questo mondo: “Un mondo, quello dei tartufai, fatto di sentiti dire e di antiche vicende tramandate oralmente spesso da pochi eletti in assoluta segretezza per non svelare mai, ai non eletti, il valore di un cane o di una linea di sangue o la bontà di una pastura dove il tartufo c’è, ma solo per chi ne conosce il segreto e nessun altro.”

Io penso che andare a tartufi sia un’arte a cui ci si deve avvicinare gradualmente, senza la pretesa di bruciare le tappe, possibilmente sotto al guida di un tartufaio esperto e con l’aiuto di un buon cane, non è un caso che questa attività in passato fosse tramandata di padre in figlio.

Oggi molte cose sono cambiate e purtroppo quasi tutte in peggio, gli interessi economici che ruotano attorno al tartufo hanno portato ad una situazione di esasperazione dove non c’è più spazio per il rispetto dell’ambiente delle persone e degli animali. Pensiamo ad esempio alla sempre maggiore diffusione dei bocconi avvelenati, praticamente sconosciuti venti anni fa, alla progressiva distruzione delle pasture da parte di chi scava in modo indiscriminato o vanga interi tratti di terreno. Le zone dove si può andare a tartufi liberamente diminuiscono continuamente ed il numero dei tartufai aumenta. Tutto questo comporta sempre maggiori difficoltà per trovare lo spirito giusto, in una attività che per essere goduta a pieno richiederebbe grande tranquillità e quiete.

La nostra esperienza nasce nella Bassa Romagnola dove la passione per la ricerca del tartufo si tramanda da diverse generazioni. Quando le campagne erano caratterizzata dalle piantate (filari di vite con supporto vivo costituito prevalentemente da pioppi e salici) e lungo i canali erano presenti ovunque filari di pioppi vi era una grande abbondanza di tartufo bianco di eccellente qualità. Oggi purtroppo le piante simbionti del tartufo sono praticamente scomparse, nei campi dominano i pali di cemento e le rive dei canali sono state desertificate in nome di un malinteso progresso, ai tartufai non è rimasto che spostarsi verso i boschi delle colline.

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